L’antico volto di Pescara

…Era questa la Pescara per cui Cesare De Titta, di Sant’Eusanio del Sangro, scriveva i famosi versi che, musicati dall’atessano Antonio Di Iorio, uno dei <superstiti> di quell’epoca, sono ancor oggi arcinoti e rappresentano, si può dire, il blasone e l’emblema della città, … E questa Pescara, la Pescara  addirittura precedente quest’epoca, il pittore e incisore Vito Giovannelli intende riesumare, far rivivere, presentare a chi non la conobbe. Vito Giovannelli, veramente, incominciò  a lavorare qualche anno fa intorno a un tema articolato  in tre momenti: una ricerca grafica su Pescara nel taglio di tre stagioni successive, per cui io suggerii il titolo dannunziano, che fu adottato, di < L’antico, il men novo, il recente> . Dei disegni di questa serie apparvero sulla”Gazzetta di Pescara” alcuni anni fa. Oggi, in questi fogli, la ricerca si è radicalizzata sull’antico per una città che non sembra più disporre di “antichità”. Giovannelli presenta scorci, vie,  piazze, angoli della Pescara tra Otto e Novecento. L’operazione è senz’altro poetica, “nostalgica”. Ma oggi, dopo che l’arte di impegno e di contestazione ha segnato il passo e vien guardata un tantino con diffidenza per i bluffs a cui si presta ( da parte di dilettanti, s’intende, che vogliono mascherare la loro aridità di ispirazione e di vocazione dietro suggestive etichette), anche una ricerca “poetica” può apparire impegnata ( non fosse altro che ecologicamente impegnata), anzi tanto più impegnata quanto più poetica, autonoma, quanto meno “intenzionalmente” politica.  Così dicono i grandi teorici del pensiero estetico. Certo, noi non siamo di quelli che contestano ad ogni costo il nuovo per aggrapparsi ad un…muretto antico. Se non ci fosse stata la sete del nuovo -è abbastanza ovvio notarlo-, non avremmo storia di stili architettonici, non avremmo avuto nuove visioni e soluzioni urbanistiche, le città sarebbero morte per mancanza di ricambio, per difetto di dimensione storica, ed oggi ci si presenterebbero come cimiteri “monostili”, laddove, al contrario, è vero che complessi architettonici di stile diacronicamente composito (si veda, in Abruzzo, il Palazzo dell’Annunziata e l’annessa chiesa, di Sulmona) traggono proprio da questa struttura che si snoda nel tempo la loro prerogativa di bellezza e di attrazione.  Ma da questo lavoro di sedimentazione e di stratificazione lento che opera la storia, vogliamo dire l’uomo meditatamente nella storia, alla distruzione, smantellamento e obliterazione dell’antico che lo stesso uomo compie per follia sistematica e indiscriminata volta all’affermazione dello pseudo-nuovo, che spesso dunque è bruttissimo, orrido, ci passa di mezzo quella stessa distanza che separa la civiltà dall’inciviltà. Giovannelli ripropone l’antico di Pescara per far notare che anche la “Pescara vecchia” e la”vecchia Pescara” (che, a rigore, sono concetti da tener distinti) possedevano una fisionomia e una originalità proprie; che gli uomini di Pescara -che allora erano per la grandissima percentuale abruzzesi- avevano costruito, messo insieme le tessere del mosaico urbano, non alla cieca, ma con una programmazione a livello di popolo, ossia artigianale. E perciò, tener conto di queste cose può servire nientaffatto a un passivo, ottuso “ritorno all’antico”, che sarebbe, per quanto sopra si è detto, antistorico, ma alla stimolazione di una sintesi ideale tra l’antica bellezza e funzionalità e le nuove esigenze, e pratiche artistiche, nella quale ci pare che consista in definitiva il normale cammino umano.

 Ottaviano Giannangeli     L’antico volto di Pescara, Centro Studi Abruzzesi, Pescara, 1973

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La PESCARA di Vito Giovannelli