La scultura del pastore

Il pastore distende le sue “decorazioni in  bassorilievo” prevalentemente su arnesi da lavoro o su oggetti destinati alla sposa o alla famiglia. Il suo fare artistico, conseguentemente,  scaturisce da necessità di vita più che da bisogni intimamente estetici.    Nei lavori esaminati il ricorso al simbolismo di carattere preistorico è frequente. Le immagini più impiegate  sono: la ruota solare, i quarti di luna, le stelle, il nodo di Salomone, gli occhi di dado, l’albero della vita, la svastica, i serpenti e il dente di lupo.                                                                                                                           Le opere prese in esame potrebbero essere state abbozzate o  ai margini dei tratturi, durante le soste della transumanza o, forse,  rifinite durante i lunghi mesi invernali trascorsi durante la permanenza nelle Puglie (Tavoliere) o agli alpeggi estivi sui monti d’Abruzzo. L’ambito geografico delle opere presentate in questa virtuale galleria è la fascia dell’Appennino adriatico dell’Italia centrale, più precisamente dell’Abruzzo. Le decorazioni dei pastori delle zone alpine (Cfr. Piero Jahier, Arte alpina, Milano,Scheiwiller,1958) e della fascia mediterranea, isole comprese (Cfr. Giuseppe Cocchiara, L’arte dei pastori in Sicilia, 1954), non rientrano in questo contesto, in quanto stilisticamente diverse.  Impossibile pensare che il pastore del centro Italia  abbia foggiato  oggetti in corno, in osso, in legno o in canna palustre  tenendo presente i problemi dell’arte per l’arte.  E’ ipotizzabile che abbia istoriato bastoni e disteso festoni su stecche da busto, su scatole da rasoio, su utensili da cucina o su fusi e conocchie per sconfiggere noia e solitudine. Dall’osservazione di oggetti pastorali antichi e di più recente realizzazione, conservati nei musei di Cerqueto nel teramano, di Lucoli nell’aquilano, del Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari di Roma,  del museo delle Genti di Pescara e del museo  GiovanniTancredi di Monte Sant’Angelo, nel foggiano- dove sono conservati diversi lavori eseguiti da pastori abruzzesi, collezionati dallo storico Tancredi- emerge che le  decorazioni del pastore abruzzese derivano  da saperi manifatturieri appresi   attraverso il fare ripetitivo degli anziani. Diversi fregi, riscontrati su oggetti lavorati in epoche diverse, risultano derivati dalle esperienze del fare altrui e da metodi operativi appresi  durante il pascolo. Spesso il pastore giovane riprende decorazioni viste fiorire nelle mani degli anziani.  Provando e riprovando, però, apporta personali variazioni. Da queste procedure sono emersi  oggetti d’uso oggi classificati come lavori di artigianato tipico (Cfr.Aa. Vv. Arte pastorale Artigianato tipico in val d’Aosta, Ivrea, Priuli & Verlucca, 1979).   Sottolineo che gli oggetti di artigianato tipico sono collegati alle produzioni di serie. Il pastore, al contrario, non lavora in serie,  né mira alla realizzazione di indici di produttività.  Decora, infatti, in una dimensione diversa da quella dell’artigiano.  Di artigianale nelle sue opere c’è solo il fare manuale il resto è istintivo.   Il pastore non produce per vendere. Non segue le richieste del mercato consumistico, ma rincorre unicamente il suo impulso creativo. Le sue opere possono essere considerate “pezzi unici”. Raramente si riscontrano doppioni. Ancor più raramente i pastori giovani  ricorrono alla scultura tridimensionale. Esempi di sculture a tuttotondo sono rari nelle produzioni più recenti.   Forse, le testimonianze presentate in questo contesto potrebbero non illustrare il meglio di questa espressione  decorativa popolare: potrebbero essere scomparsi, presumibilmente, gli oggetti più pregiati. Azzardato  datare quelli esposti nei musei.  L’anonimato rende incerta la collocazione, perché diversi tessuti figurativi provengono dal  simbolismo decorativo preistorico. Solo due opere, custodite nel museo delle Genti di Pescara, sono datate e firmate.

                                                                                                                                                   Vito Giovannelli